Archivi del mese: febbraio 2016

Com’è


Essere  disoccupato è brutto.
Specialmente quando hai voglia di lavorare e hai voglia di “dare”. Mai avrei pensato di guardare al mio passato con nostalgia e provare rabbia per quelli che si lamentano del proprio lavoro. “Oggi è Lunedì, Aiuto!” mentre passano la giornata in ufficio su Facebook. Stronzi.

Io soffro per ogni singolo minuto in cui dormo più del dovuto. “Alzati prima” direte voi; l’ho fatto ma è angosciante non avere nulla da fare, specialmente dopo che hai cercato lavoro ma in pochi ti rispondono. E quelli che lo fanno non cercano gente che lavora, ma carne da macello.

E poi, la cosa che scoccia è che gli altri vanno avanti. Con i loro progetti, la loro vita con idee nuove che magari io non posso esprimere perché non ho modo di farlo.

Mi sono ripromesso di essere positivo, ma talvolta ricado nella tristezza, rimuginando su tutto quello che è accaduto e che non merito.

Mi deprime essere nella terra di mezzo: troppo giovane per avere esperienza e troppo vecchio perché un’azienda mi dia fiducia per acquisirne.

Mi scoccia anche avere competenze inutili: in un negozio assumono una mezza figa di vent’anni piuttosto di prendere in considerazione me: la pagano meno nonostante io sia stato un commerciante quando ancora la suddetta ragazza iniziava le elementari. E non parliamo delle competenze: nulla certifica le competenze che ho. Ho imparato sul campo facendo, studiando e avvalendomi di gente che mi ha insegnato moltissime cose. E adesso… TA DAAA! Non servono a un cazzo.

Non mi piace autocommiserarmi perché lo considero una perdita di tempo. Un‘inutile perdita di tempo, ma ogni tanto si deve essere tristi. E’ un’emozione, come la gioia o il dolore. Reprimerla non serve a nulla, solo a farla uscire dopo in altri modi.

Ed è strano che nei momenti di difficoltà, come tanti anni addietro, io mi butti nella scrittura.

Adesso mi merito una canzone triste, per poi sospirare e iniziare a costruirmi un futuro migliore.

 


Pallonate


Ogni tanto mi capita di tornare a casa dei miei con una grossa borsa del bucato. Siamo autosufficienti su tutto tranne che sullo stirare: in questo ci aiuta mia mamma e io, quando porto il bucato ne approfitto per mangiare a scrocco: non avrei mai creduto che un piatto di pasta non preparato da me abbia il duplice vantaggio di:

  1. Non essere preparato da me con conseguente guadagno di tempo
  2. Non sporcare alcuno dei miei piatti con conseguente perdita di tempo per il lavaggio

Comunque ero sul portone a casa dei miei e ho visto affisso un cartello sopra il quale una delle famiglie del condominio ringraziava per le condoglianze fatte alla persona morta.

Quella persona la conoscevo tanti anni fa: era sempre in giacca e cravatta ed era il padre di un ragazzo che mi prestò tantissime cassette dei Queen (non era facile negli anni ’90 per un ottenne senza soldi trovare la musica che amava).

Comunque questo mi ha fatto ripensare a quando ero un bambino e abitavo lì e curiosamente mi è venuta in mente una cosa: non si sentono più le pallonate contro il muro.

Quando ero piccolo aspettavo le quattro per scendere a giocare a pallone: se ero da solo lo tiravo contro il muro dei garage, se eravamo in due ci si alternava uno in porta e uno al tiro e se eravamo in parecchi si giocava a “15”. Se non sapete come si gioca avete avuto una pessima infanzia.

Non critico quelli che preferiscono la XBOX all’uscire (faccio parte troppo spesso anche io di quell’insieme di persone) però la mia parte di vita all’aria aperta l’ho fatta ed è un peccato che i ragazzini di adesso facciano attività fisica quasi solo quando devono andare a farla per forza; ricordo che quando giocavo a calcio, sport nel quale non ho lasciato un grandissimo segno, il mio primo allenatore non ci faceva mai correre dicendo che i ragazzini già corrono abbastanza.

Adesso non è più così, mi sa.

Quindi niente più pallonate contro il muro, niente più pallonate che per sbaglio andavano contro i garage e niente signore che ci porconavano perché le pallonate facevano casino.

Ok, ma che tristezza.