Essere disoccupato è brutto.
Specialmente quando hai voglia di lavorare e hai voglia di “dare”. Mai avrei pensato di guardare al mio passato con nostalgia e provare rabbia per quelli che si lamentano del proprio lavoro. “Oggi è Lunedì, Aiuto!” mentre passano la giornata in ufficio su Facebook. Stronzi.
Io soffro per ogni singolo minuto in cui dormo più del dovuto. “Alzati prima” direte voi; l’ho fatto ma è angosciante non avere nulla da fare, specialmente dopo che hai cercato lavoro ma in pochi ti rispondono. E quelli che lo fanno non cercano gente che lavora, ma carne da macello.
E poi, la cosa che scoccia è che gli altri vanno avanti. Con i loro progetti, la loro vita con idee nuove che magari io non posso esprimere perché non ho modo di farlo.
Mi sono ripromesso di essere positivo, ma talvolta ricado nella tristezza, rimuginando su tutto quello che è accaduto e che non merito.
Mi deprime essere nella terra di mezzo: troppo giovane per avere esperienza e troppo vecchio perché un’azienda mi dia fiducia per acquisirne.
Mi scoccia anche avere competenze inutili: in un negozio assumono una mezza figa di vent’anni piuttosto di prendere in considerazione me: la pagano meno nonostante io sia stato un commerciante quando ancora la suddetta ragazza iniziava le elementari. E non parliamo delle competenze: nulla certifica le competenze che ho. Ho imparato sul campo facendo, studiando e avvalendomi di gente che mi ha insegnato moltissime cose. E adesso… TA DAAA! Non servono a un cazzo.
Non mi piace autocommiserarmi perché lo considero una perdita di tempo. Un‘inutile perdita di tempo, ma ogni tanto si deve essere tristi. E’ un’emozione, come la gioia o il dolore. Reprimerla non serve a nulla, solo a farla uscire dopo in altri modi.
Ed è strano che nei momenti di difficoltà, come tanti anni addietro, io mi butti nella scrittura.
Adesso mi merito una canzone triste, per poi sospirare e iniziare a costruirmi un futuro migliore.